mercoledì 22 dicembre 2010

Il boato...

Il boato fu tremendo. La gente si riversava in strada urlando e in preda al panico più totale. Andrea era rimasto lì, in mezzo alla strada, inebetito, bloccato. Intorno a sé c’era la folla che correva; la fabbrica che andava in fiamme insieme al suo quartiere; e intanto lui aspettava che da quella fabbrica uscisse la sua famiglia. Andrea, sebbene fosse nel bel mezzo della folla, della confusione, sentiva soltanto il suono come ovattato delle sirene dei vigili del fuoco e le grida di quelle persone che, insieme a lui, erano i protagonisti della tragedia. Il tempo passava ma Andrea era ancora lì, aspettava. La folla intanto scemava, ma la sua famiglia ancora non usciva. Ad un tratto si avvicinò a lui un agente di polizia che gli chiese: “Ehi, ragazzo! Cosa ci fai ancora qui? Vai, su, corri dalla tua famiglia. Ti starà aspettando!” e con un sorriso compassionevole si allontanò, lasciando Andrea lì, solo, in una strada dove ormai c’erano solo macerie. E poi c’era Andrea con delle grosse lacrime agli occhi rossi, dopo essersi reso conto che era rimasto solo, senza nessuno che si prendesse cura di lui. Fece per tornare a casa, ma decise di andare in un posto in cui si sentiva più sicuro, un posto in cui si sentiva protetto dalla sua famiglia anche essendo solo. Decise di andare nella casa di legno in riva al fiume che aveva costruito con il padre tempo prima. Si avviò verso il fiume e i suoi bellissimi occhi color smeraldo brillavano nell’oscurità della notte, come la luna su uno specchio d’acqua. Arrivò alla sua meta, si sdraiò sulla cassapanca sotto la finestra e, poiché era stanco, si addormentò con gli occhi ancora pieni di lacrime. La mattina dopo, quando si svegliò,  fuori c’erano solo nuvole e pioveva. Lui, così impotente, così triste, con i capelli biondi scuriti dallo sporco e dalla cenere dell’incendio, stava fermo immobile e pensava solo, sotto il tetto di quella casa, che era l’unico luogo dove sentiva ancora la presenza vibrante dei suoi cari. Pensava a tutte le volte in cui non aveva detto “TI VOGLIO BENE”, e a tutte le discussioni con la sua famiglia, che in tutti i suoi quindici anni non erano mai mancate. Ma soprattutto pensava e ripensava al fatto che aveva lasciato i suoi genitori senza un chiarimento. Infatti la stessa mattina dell’incendio aveva avuto un’accesa discussione con loro e ancora non aveva chiarito. Ma ormai era troppo tardi, sentiva che quel rimorso che cominciava a mangiargli l’anima lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Intanto aveva smesso di piovere, ma le nuvole non volevano andare via né dal cielo né dal cuore di Andrea. Dopo molti pensieri decise di tornare in quel quartiere maledetto, infuocato da quella fabbrica in fiamme che ormai per Andrea rappresentava l’egoismo e la sola cosa a cui gli uomini miravano: il potere. Si ritrovò da solo in mezzo ad una strada che non riconosceva più, sebbene ci fosse cresciuto. Fu solo allora che si rese conto che aveva perso tutto insieme a quell’incendio. La sua casa, i suoi affetti, ma soprattutto MAMMA e PAPA’. Ricominciò a piovere e insieme alla pioggia anche le lacrime di Andrea bagnavano quell’asfalto diventato ancora più nero a causa dell’incendio. Si guardò intorno e si ripromise che da quel giorno in poi sarebbe cambiato, lo avrebbe fatto per tutti coloro a cui voleva bene, ma che aveva perso. Mentre si allontanava, su ogni casa calò un silenzio irreale.
                                            Elisabetta Sammarone

Nessun commento:

Posta un commento