mercoledì 22 dicembre 2010

Il tennis è magia

Tennis: una parola, tante emozioni.  È così che ci si innamora di uno sport: perdendo, vincendo, ma soprattutto lottando, per guadagnare rispetto e fiducia in se stessi. Il tennis è uno sport in cui si combatte sia con l’avversario che con la propria mente, risolvendo situazioni difficili, grazie alle quali riusciamo a crescere interiormente. Ci dà l’occasione per uscire dalla monotonia della quotidianità. Le emozioni che si provano su un colpo vincente, su un match point, in una sconfitta, sono emozioni uniche che non possono essere espresse con parole, ma vanno vissute sulla propria pelle. Come in tutti i campi della vita, solo col sacrificio e con la passione si ottengono dei veri risultati. Terra rossa, cemento ed erba sono superfici dove si lotta con il cuore per raggiungere obiettivi precedentemente fissati.
All’entrata in campo sei solo tu con la tua racchetta, contro il tuo avversario, pronto a lottare, pronto a portarti via il fatidico quindici che ti può dare la vittoria e la gloria o la sconfitta e la delusione. Ma come si può entrare a far parte di questo sport? Come dice il campione Agassi : ”Just get up and play” ovvero basta alzarsi e giocare, fosse così facile!!!  .
Purtroppo le aspettative per questo sport sono molto basse, e le possibilità di diventare qualcuno d’importante sono quasi pari a zero, ma in antitesi a ciò noi abbiamo la grande fortuna di avere sul nostro territorio strutture competenti e qualificate che permettono di allenarsi costantemente e duramente  sia d’inverno che d’estate. Inoltre si può contare sull’esperienza di istruttori che giorno dopo giorno cercano di compiere al meglio il loro lavoro. Infatti sia i giovani atleti che le persone adulte devono essere orgogliosi di questa realtà. Sfruttiamo al massimo le nostre risorse e divertiamoci all’insegna di uno sport fantastico.

    Fabio Mazzocco e Spicciolato Federico

Somewhere

Somewhere, film scritto e diretto da Sofia Coppola, è stato presentato alla 67a Mostra del Cinema di Venezia ed ha ricevuto il Leone d’Oro come miglior film.
Protagonista, è una famosa star del cinema Johnny Marco (Stephen Dorff) che in seguito ad una frattura ad un polso decide di vivere la sua convalescenza all’interno di un famoso albergo hollywoodiano. Johnny, vivendo separato dalla moglie e dalla figlioletta undicenne Cleo (Elle Fanning), trascorre le sue giornate tra lunghe dormite, sensuali spettacoli di lap dance e “monotoni” giri sulla sua Ferrari.
Cleo va a trovare il padre per pochi giorni, ma si rivelano così intensi da cambiare radicalmente il modo di vivere di Johnny, fino ad allora dominato solo da superficialità e gusto dell’effimero. L’amore della figlia riesce a rianimare il padre e riesce a ridargli quella forza che pensava di aver perso e che lo spinge a riflettere su progetti nuovi che possano farlo uscire da quella routine monotona tipica della sua vita da star. Con lei si reca a Milano per ricevere il Telegatto, dove incontra Simona Ventura, che interpreta se stessa nei panni della conduttrice del programma, e la soubrette Valeria Marini che, con “accenni” di volgarità, evidenzia il contrasto tra il mondo ipocrita della televisione e quello innocente di Cleo.
Il film si rivela significativo pur nella sua apparente ovvietà. La regista non delinea situazioni “costruite” né troppo complesse e fa in modo che l’intera vicenda si svolga in un’atmosfera di grande serenità. Eppure i lunghi silenzi ed i tempi dedicati ad inquadrature immobili favoriscono la ricerca del ritmo lento della riflessione, che va a contrapporsi nettamente al rumore del motore della Ferrari e al chiasso delle feste che si tengono nelle camere dell’albergo a cui Johnny partecipa frequentemente.
Somewhere fa sbocciare splendidi fiori del pensiero tra tanto rumore…
                                                Ilaria Matta

Scrivimi ancora

Uno straordinario collage di lettere, e-mail, bigliettini costituisce il fantastico romanzo sentimentale di Cecilia Ahern. Si tratta del secondo romanzo della scrittrice ventinovenne e pubblicato nel 2005.
Un’appassionante storia d’amore vissuta non esattamente come tutte le altre: Alex e Rosie ne sono i protagonisti. Si conoscono tra i banchi di scuola all’elementari e ben presto diventano grandi amici. Cominciano così a scriversi, anche più volte al giorno, per potersi raccontare ogni minima cosa. All’età di diciassette anni Alex però è costretto a partire per Boston e lasciare Dublino, dove vive la sua cara amica. Al termine del Liceo, Rosie potrebbe raggiungere Alex e continuare gli studi presso il Boston College, ma una piccola sorpresa la trattiene in Irlanda per il resto dei suoi giorni. Gli anni passano e i due costruiscono ognuno la propria vita: Alex con Sally, Rosie invece con Greg. I due amici non smetteranno mai di sentirsi né di confidarsi. Dopo circa dieci anni la storia tra Alex e Sally giunge al capolinea. Gli anni continuano a trascorrere, termina anche la storia tra Rosie e Greg ed Alex ne inizia un’altra, con Bethany. I due protagonisti sono però consapevoli di essere innamorati l’uno dell’atro, ma Alex, a causa di un imprevisto, è costretto a restare con Bethany. Equivoci, strane circostanze e la sfortuna continuano a tenerli separati. Ma se si presentasse un’ultima occasione, avranno il coraggio di mettere in gioco la loro amicizia in cambio del grande amore? Lo scoprirete solo leggendo…
Romanzo indimenticabile, pieno di sentimenti, brillante ed intelligente, è capace di commuovere il lettore pagina dopo pagina.
                                                Agnese Fusco

Acciaio

Per chi abita nelle periferie di città come Piombino, la vita non è affatto semplice. Non solo per gli adulti, costretti a lavorare illegalmente o a morire di fatica nelle roventi e crudeli acciaierie. Anche per i ragazzi, i quali, oltre che per i loro problemi adolescenziali, soffrono anche per quelli dei propri genitori e questo li porta a sviluppare una particolare mentalità, un po’ chiusa, ammaccata e inesperta, che fa catalogare loro il mondo, almeno quello conoscono, come una grande macchina distruttrice, della quale le poche vie d’uscita sono la bellezza e la popolarità. Anna e Francesca, immerse in questa realtà fino al collo, sanno di poter contare su queste due risorse e le usano eccessivamente.
Le due quattordicenni provano le loro prime esperienze, entrano nel vortice dell’amore, che le porterà però a trascurare la cosa più preziosa che hanno, l’unica perla utile alla sopravvivenza: l’amicizia. La loro speciale amicizia.
Nel suo romanzo, Silvia Avallone racconta la storia aspra, ma a tratti dolce e commovente di due famiglie, accomunate dall’amicizia di Anna e Francesca, e racconta come questa venga piegata, ferita, stropicciata ma non si romperà mai. Una storia piena di colpi di scena, che si stampa nella testa di chiunque la legga, che rispecchia, purtroppo, l’attuale, cruda realtà di moltissime città.

                Chiara Colantoni

Dentro di me

Una tetra foresta di rovi,
ogni mio passo mi ferisce e mi costringe esangue
mentre il buio mi divora...
ma se mi abbandono alla carezza della sera,
è solo per la speranza del sogno che mi possiederà...
Un sogno dolce, gentile, malinconico,
che mi difende arrendevole tra le sue braccia
e mi vince e mi quieta…
Ti prego, portami lontano
dove alcuna neve gela il mio corpo,
dove alcuna nebbia oscura la mia anima,
dove alcun dolore placa la mia ribellione.

                        Alessia D’Amico

Il boato...

Il boato fu tremendo. La gente si riversava in strada urlando e in preda al panico più totale. Andrea era rimasto lì, in mezzo alla strada, inebetito, bloccato. Intorno a sé c’era la folla che correva; la fabbrica che andava in fiamme insieme al suo quartiere; e intanto lui aspettava che da quella fabbrica uscisse la sua famiglia. Andrea, sebbene fosse nel bel mezzo della folla, della confusione, sentiva soltanto il suono come ovattato delle sirene dei vigili del fuoco e le grida di quelle persone che, insieme a lui, erano i protagonisti della tragedia. Il tempo passava ma Andrea era ancora lì, aspettava. La folla intanto scemava, ma la sua famiglia ancora non usciva. Ad un tratto si avvicinò a lui un agente di polizia che gli chiese: “Ehi, ragazzo! Cosa ci fai ancora qui? Vai, su, corri dalla tua famiglia. Ti starà aspettando!” e con un sorriso compassionevole si allontanò, lasciando Andrea lì, solo, in una strada dove ormai c’erano solo macerie. E poi c’era Andrea con delle grosse lacrime agli occhi rossi, dopo essersi reso conto che era rimasto solo, senza nessuno che si prendesse cura di lui. Fece per tornare a casa, ma decise di andare in un posto in cui si sentiva più sicuro, un posto in cui si sentiva protetto dalla sua famiglia anche essendo solo. Decise di andare nella casa di legno in riva al fiume che aveva costruito con il padre tempo prima. Si avviò verso il fiume e i suoi bellissimi occhi color smeraldo brillavano nell’oscurità della notte, come la luna su uno specchio d’acqua. Arrivò alla sua meta, si sdraiò sulla cassapanca sotto la finestra e, poiché era stanco, si addormentò con gli occhi ancora pieni di lacrime. La mattina dopo, quando si svegliò,  fuori c’erano solo nuvole e pioveva. Lui, così impotente, così triste, con i capelli biondi scuriti dallo sporco e dalla cenere dell’incendio, stava fermo immobile e pensava solo, sotto il tetto di quella casa, che era l’unico luogo dove sentiva ancora la presenza vibrante dei suoi cari. Pensava a tutte le volte in cui non aveva detto “TI VOGLIO BENE”, e a tutte le discussioni con la sua famiglia, che in tutti i suoi quindici anni non erano mai mancate. Ma soprattutto pensava e ripensava al fatto che aveva lasciato i suoi genitori senza un chiarimento. Infatti la stessa mattina dell’incendio aveva avuto un’accesa discussione con loro e ancora non aveva chiarito. Ma ormai era troppo tardi, sentiva che quel rimorso che cominciava a mangiargli l’anima lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Intanto aveva smesso di piovere, ma le nuvole non volevano andare via né dal cielo né dal cuore di Andrea. Dopo molti pensieri decise di tornare in quel quartiere maledetto, infuocato da quella fabbrica in fiamme che ormai per Andrea rappresentava l’egoismo e la sola cosa a cui gli uomini miravano: il potere. Si ritrovò da solo in mezzo ad una strada che non riconosceva più, sebbene ci fosse cresciuto. Fu solo allora che si rese conto che aveva perso tutto insieme a quell’incendio. La sua casa, i suoi affetti, ma soprattutto MAMMA e PAPA’. Ricominciò a piovere e insieme alla pioggia anche le lacrime di Andrea bagnavano quell’asfalto diventato ancora più nero a causa dell’incendio. Si guardò intorno e si ripromise che da quel giorno in poi sarebbe cambiato, lo avrebbe fatto per tutti coloro a cui voleva bene, ma che aveva perso. Mentre si allontanava, su ogni casa calò un silenzio irreale.
                                            Elisabetta Sammarone

Il sogno di Malika

 Disegno di Antonio Canale

Malika era una bambina di nove anni. Era.
Nelle pagine del suo diario scriveva così:


Caro diario,
lo so che ho solo nove anni, ma ho un sogno, che questa guerra finisca. Non voglio più vedere questi aerei buttare bombe sulla mia Palestina, e sono in pensiero per il mio amico Jarib che non sento da mesi. Sai, l’altro giorno ero uscita dal bunker, in cui mi trovo con la mia famiglia, per prendere dei viveri, come facciamo ogni tre mesi; ed ho visto, mentre mio padre correva tenendomi per mano, genitori portare in braccio bambini proprio come me, ma questi erano strani.
Erano rigidi. Bianchi. Immobili. Sembravano pezzi di ghiaccio, ma mai di un ghiaccio così duro  come quello di cui sembravano fatti gli occhi dei genitori. Mio padre poi mi ha spiegato  che quei bambini erano stati “estratti” dalle macerie di una scuola… Qui continuano a bombardare, ed io so solo una cosa, che ho paura, oggi sono passati tre mesi e devo uscire per prendere i viveri. Ti saluto ripetendo il mio sogno e sperando che un giorno si realizzi: “spero che la guerra finisca”, anche perché io voglio solo una vita normale, con i miei genitori, “in superficie”, e voglio andare a scuola, ritrovare i miei amici,.. Ora però devo andare.
A presto.

Questa è l’ultima pagina del diario di Malika.
Malika non farà più ritorno al bunker, durante l’ultima uscita è stata uccisa da una bomba.

Malika era una bambina di nove anni. Era.
Una bomba ha messo fine ai suoi sogni.
                                            Moira Di Paolo